di Paola Abiuso
Riproduzione da Noi Genitori & Figli
Così piccoli, così bugiardi. Dal classico «Non sono stato io» davanti a un soprammobile rotto al più sofisticato «Ho perso il diario» per nascondere una nota, l'infanzia è costellata di piccole grandi bugie. E se fino a qualche anno fa gli psicologi concordavano sul fatto che fino a 7-8 anni di età nella menzogna non c'è malizia ma solo fantasia e immaginazione, adesso gli esperti si ricredono. Sì, perché le teorie più recenti fanno scendere fino ai 3-4 anni l'età a partire dalla quale la paura di una punizione induce un bambino a ingannare un adulto, sebbene non conosca ancora il concetto di bugia. Più avanti, verso i 9-10 anni, il bambino arriva a una idea meno "rigida" della morale, e accanto alle più classiche delle bugie, solitamente finalizzate a evitare le punizioni o comunque qualcosa di sgradevole (quanti mal di pancia tattici il giorno della verifica...) oppure a dar voce a desideri profondissimi (l'esempio più tipico è quello dell'amico immaginario), imparano anche la tecnica della dissimulazione, l'arte cioè di non dire una bugia tacendo una parte della verità. «Ho preso ottimo in storia», racconta Matteo, quinta elementare, omettendo di aggiungere che però la maestra gli ha appioppato appena sufficiente in grammatica. Quando la mamma lo scoprirà - perché lo scoprirà... - Matteo potrà sempre sostenere di essersene dimenticato. Infine, durante l'adolescenza, la bugia «rappresenta un modo per affermare la propria identità -sostiene la psicologa Monica Tognoni, autrice del saggio "Perché i bambini dicono le bugie" appena uscito per l'editore Giunti (pag. 128, euro 8) - e continuare a tracciare il percorso evolutivo verso l'autonomia».
TUTTO NORMALE
Niente paura, però: i genitori non si spaventino di fronte a un figlioletto al quale talvolta spunta un naso da Pinocchio. «E del tutto normale, fa parte della natura umana», assicura Monica Tognoni. E del resto, si può ben dire che in ogni casa i bambini trovano fonti di ispirazione: quando ci neghiamo a una telefonata indesiderata («Digli che non ci sono»), oppure quando di fronte alla paletta del vigile neghiamo disperatamente l'evidenza della nostra infrazione, oppure quando obblighiamo il pargoletto a profondersi in gridolini di gioia e ringraziamenti davanti a un regalo orrendo... «E importante spiegare ai figli che esistono vari tipi di bugie, compresi quelle che in gergo chiamiamo "bianche": sono quelle che si dicono per educazione o per mettere a proprio agio le persone. Insomma, sono bugie innocue», continua Monica Tognoni. Bugie bianche a parte, l'esperta consiglia di evitare reazioni nevrotiche anche di fronte a quella che appare come una menzogna bella e buona. La frase tipica di un genitore: «La bugia te la leggo in faccia», a un bambino risuona come un invito a studiare meglio il suo atteggiamento e la sua mimica facciale in modo da farla franca.
L'IMPORTANTE È NON ESAGERARE
Quando la bugia non è saltuaria, però, se da una parte è comunque consigliabile non esagerare con la repressione o con l'arrabbiatura, d'altra parte è necessario andare alla radice della faccenda. «Perché non hai detto la verità? Lo sai che bisogna essere sinceri perché insieme possiamo trovare una soluzione. Vediamo cosa si poteva fare di diverso anziché mentire»; questa potrebbe essere una buona via d'uscita. Se insomma la falsità diventa per il bambino uno stile di relazione, allora è il caso di preoccuparsi perché dietro di essa possono nascondersi problemi più seri. Ad esempio quando il piccolo in classe millanta grandi successi sportivi o avventure mozzafiato, è possibile che abbia un deficit di autostima e che stia cercando di apparire migliore e di farsi accettare dal gruppo per quello che non è. «In questi casi è fondamentale la collaborazione tra scuola e famiglia», raccomanda la Tognoni. Gli insegnanti fanno bene a segnalare ai genitori le "sparate" dei loro alunni, perché da lì si può iniziare a ripristinare concetti come il valore della propria persona, la sincerità, l'amicizia. E da parte loro, i genitori non dovrebbero sottovalutare le bugie che celano desideri o tensioni. Mario, 12 anni, ad esempio, diceva ai compagni che il padre si fermava sempre ad assistere ai suoi allenamenti di nuoto. Non era vero. «Se si fosse intervenuti invitandolo semplicemente a smettere di mentire -osserva Monica Tognoni - molto probabilmente si sarebbe persa un'occasione per capire con lui l'importanza di questo desiderio». Dalle bugie dei figli, insomma, i genitori possono imparare sempre qualcosa. ♦
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