Nuovi padri, teneri e creativi per liberarsi di schemi superati

 

Riproduzione dal numero 402 di "Noi in famiglia" del 20/03/2022

 

di Luciano Moia

 

Padre. Parola impegnativa. Ma dopo l’eclisse del 'padre padrone' e del 'padre normativo', i tentativi di riaggiornare dal punto di vista antropologico l’identità paterna sono via via naufragati come i modelli artificiali – 'papà-mammo' o 'maschio selvatico' per esempio – via via proposti. Una sola certezza. L’immagine del padre trasparente o effimero raccontato da tanta letteratura, è deleterio nel rapporto di coppia e nell’impegno educativo. E una speranza. Oggi dai padri più giovani sembrano arrivare segni di una nuova volontà di protagonismo. Ma è proprio così? Ne parliamo con Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, che da anni studia il pianeta paternità in stretta connessione all’emergenza educativa e ha mandato in libreria da pochi giorni proprio un libro sul tema, La vita accade. Una storia che fa luce sulle emozioni maschili (Mondadori).

 

Dopo decenni di eclissi del ruolo maschile nella coppia e nell’impegno educativo, possiamo finalmente cogliere qualche spiraglio di rinascita da parte dei padri più giovani?

Direi di sì. In questi ultimi anni, oltre a parlare dell’evaporazione del padre, abbiamo anche dato molto spazio ai nuovi padri. Uomini che entrano cioè nel territorio della propria paternità con la consapevolezza di voler rimanere connessi ai figli. Padri che hanno cambiato la figura dell’autoritarismo paterno in autorevolezza affettiva e sono passati da un codice normativo a un codice degli affetti. Questi padri diventano capaci di gestire un modello di genitorilità consapevole. Durante la pandemia, nelle famiglie in cui c’era una struttura forte, la situazione ha portato molti papà a concorrere in modo qualitativo e quantitativo alla gestione familiare. Purtroppo questo non è avvenuto nelle famiglie più fragili, in cui la pandemia ha accelerato le frantumazioni.

Secondo una certa vulgata, dalla metà del secolo scorso, alla progressiva presa di consapevolezza del femminismo ha fatto da contraltare l’arretramento della mascolinità e della paternità, quasi che l’uomo fosse incapace di ridefinire la propria identità di fronte alla crescente influenza del ruolo della donna. È andata proprio così?

No, si tratta di una lettura semplicistica che pretende di spiegare i cambiamenti nell’universo maschile con una trasformazione avvenuta in obbedienza al nuovo ruolo della donna. Il femminismo anzi ha chiesto al padre di ridefinire i propri ruoli, superando gli atteggiamenti che portavano molti uomini ad essere 'padri a distanza', gravati solo della responsabilità economica. Gli uomini che hanno accettato la trasformazione hanno potuto abitare uno spazio più intimo, più interiore, hanno vissuto anche la casa come luogo di costruzione della propria identità. Facendo in questo modo gli uomini non hanno reso soltanto un grande servizio ai propri figli e alla propria famiglia, ma anche a se stessi. Perché hanno potuto vivere la paternità come grande esperienza cognitiva ed evolutiva del maschile, hanno preso consapevolezza della propria emozionalità, si sono riappropriati della storia da cui ciascuno di noi proviene. E, infine, sono riusciti a non rimanere agganciati a modelli e ruoli non sempre positivi del passato per approdare una dimensione umana diversa.

Al di là dei ruoli tradizionali legati solo all’autorità e alla normatività - sempre più difficili tra tradurre oggi in scelte credibili - papa Francesco nella Patris corde, attribuisce a san Giuseppe e quindi simbolicamente a tutti i padri cristiani, qualità come la tenerezza, l’accoglienza, l’obbedienza. È anche questa la nuova cifra della paternità?

A me sembra proprio di sì. Sono questi gli attributi che entrano in gioco nel momento in cui parliamo di nuovi padri e che ci obbligano ad avviare una trasformazione importante. Parlando di accoglienza, tenerezza, disponibilità, il Papa ci sta dicendo che la richiesta verso un uomo che diventa padre non deve mettere in gioco prevalentemente potenza, forza e responsabilità, ma anche competenza, pazienza, accoglienza. Sono questi i prerequisiti per un uomo che desidera realizzare un patto di crescita con il proprio bambino.

Per tanti uomini non è semplice avviare un cambio di registro così sostanziale....

Sì, purtroppo c’è tantissima confusione perché mettere questi valori dentro la paternità sembra favorire la femminilizzazione del maschio e la trasformazione in 'mammo'. Ma non è vero. L’uomo in questo modo entra in contatto con affetti della sfera emotiva e valoriale e con competenze che sono profondamente umane.

Qual è allora l’aspetto che fa problema?

È l’ingresso nell’adolescenza del figlio che disorienta i nuovi padri. Quando il ragazzo manifesta rabbia nei confronti dei genitori, i padri rimangono sconcertati perché scambiano il desiderio di distanziamento come un attacco frontale. Non calcolano che questi figli hanno il vantaggio di non essere stati spaventati e terrorizzati dai loro padri, come spesso succedeva ai figli delle generazioni passate. E quindi non riescono a spiegarsi come la tenerezza e la disponibilità sempre mostrata verso il figlio, si traduca in questo nuovo atteggiamento di attacco. I nuovi padri dimenticano spesso che accoglienza e coinvolgimento emotivo non possono mettere da parte funzioni legate al dovere di portare il figlio mondo, con l’aiuto a sopportare sofferenze e frustrazioni.

C’è un’altra sottolineatura nella lettera di papa Francesco che forse potremmo utilizzare come metafora di questa transizione, quella del padre 'dal coraggio creativo'. È così?

Certo, il codice paterno facilita la dimensione esplorativa e permette al figlio di muoversi dal territorio della paura a quello del coraggio. È come se i padri dicessero ai figli: se c’è qualcosa che ti spaventa, puoi sempre contare su di me. I nuovi padri sono creativi proprio perché stanno affrontando un nuovo modello di paternità e si sono staccati dai ruoli del passato. Prima nei luoghi dell’educazione la presenza dei genitori era quasi esclusivamente femminile. Oggi è sempre più frequente avere un pubblico misto, desiderio di confrontarsi e di conoscere.

Spesso, in riferimento al rapporto di coppia o ai ruoli genitoriali, si auspica complementarietà e reciprocità. Una speranza per il futuro o qualcosa già presente nelle nostre famiglie?

Direi che in questo momento è un auspicio, più che qualcosa di oggettivabile nella nostra realtà. Ma le discriminazioni non nascono nella famiglia ma nella società. La famiglia ne è spesso vittima. Certo, riflessioni e rielaborazioni sono avviate. Durante la pandemia la conciliazione famiglia-lavoro è stata discussa e talvolta realizzata all’interno dei nuclei familiari. In Svezia hanno un congedo di paternità di oltre 90 giorni. Una scelta che non ha intaccato l’identità maschile ma ha aiutato tanti uomini a riappropriarsi della propria dimensione umana, con un lavoro generativo che diventa valore per se stessi e per la famiglia.