ADOLESCENTI IN CRISI
Riproduzione parziale dal n. 182 di "Noi, genitori & figli" del 23/02/2014
UNA NON BASTA
LA DIPENDENZA DIVENTA MULTIPLA
di Emanuela Vinai
Alcol, droga, psicofarmaci, sesso precoce e non protetto, ma anche forme di "dipendenza senza sostanza", che animano le relazioni affettive e la soggettività, i rapporti con gli oggetti materiali e immateriali (il web, le tecnologie) con una connessione continua a Internet e cellulari come unico mezzo di comunicazione con gli altri. I cosiddetti "passatempi" degli adolescenti si concretano in dipendenze multiple e cominciano ad essere tali e tante da poter essere definite come polidipendenze. E non parliamo solo di giovani vittime di situazioni familiari che è uso chiamare "difficili”, come se esistesse una famiglia "facile", ma di ragazzi che cercano in realtà artificiali quelle spinte che non riescono a trovare nella vita di ogni giorno. E lo sballo resta l'unica via di fuga. Accusare i ragazzi di scarsa voi mollezza, dì scarsa volontà è fin troppo semplice. Così come accusare la società e la televisione, i cattivi maestri e i pessimi modelli. La percezione diffusa è che la dipendenza sia legata alla ricerca di agenti esterni come fonte di sicurezza, come espressione di un assetto psicologico secondo cui il controllo sugli eventi è attribuito a fattori esterni piuttosto che alla propria volontà. Da sempre i giovani hanno bisogno di riconoscersi in testimoni, non in testimonial e quando non trovano chi incarni una vera autorevolezza, si producono in variegati esempi di scontro con l'autorità. Anche passando per l'autodistruzione. Per spiegare i comportamenti caratterizzati da ricerca incessante di sensazioni forti e nuove, il filosofo Umberto Galimberti ha ipotizzato l'esistenza di una condizione di "nichilismo" che condizionerebbe la vita dei giovani contemporanei attraverso la percezione di una sorta di inutilità immanente e permanente della stessa esistenza. (…)
L'Italia registra un primato sul fronte del consumo di alcol tra i giovani: il 64,7% degli intervistati ha dichiarato di aver bevuto nell'ultimo mese. Il "binge drinking", ovvero il consumo dì cinque o più bevande alcoliche nella stessa serata, più che il consumo quotidiano che risulta comunque alto, costituisce la sempre maggiore tendenza degli adolescenti: è praticato dal 35,1% degli studenti. Non conforta constatare che il dato sull'ubriacatura è comunque inferiore a quello della media europea. Anche perché l'assuefazione arriva presto, anche grazie all'aiuto delle cosiddette "alcopop", bevande con una gradazione alcolica compresa tra i 5 e i 6 gradi che possono essere reperite ovunque e che fanno avvicinare sempre prima gli adolescenti allo sballo. E quasi banale sottolineare che la qualità delle relazioni tra genitori e figli svolge un'imprescindibile funzione protettiva verso l'approccio, la sperimentazione e l'uso di sostanze di vario tipo e genere in età adolescenziale. Eppure anche la scienza ha sentito il bisogno di ricordarlo. Uno studio pubblicato sul Journal of studies on alcohol and drugs, che ha coinvolto circa 400 adolescenti, conferma ciò che dovrebbe essere un'evidenza comune: gli adolescenti che hanno relazioni buone e stabili con i propri genitori ritardano la sperimentazione di bevande alcoliche, riducendo anche il rischio di sviluppare comportamenti problematici. Il fattore di protezione dalle dipendenze patologiche e dai comportamenti a rischio sembra quindi risiedere in una buona relazione con i genitori, nella possibilità di esprimere in ambito familiare le proprie sensazioni, nel poter parlare dei propri problemi sentendosi rispettati. Sembra ovvio, ma evidentemente, dati alla mano, c'è ancora molto su cui lavorare. ♦
SPINELLO LIBERO
CERVELLO IN GABBIA
di Alessia Guerrieri
Imparare a leggere i piccoli campanelli d'allarme. Quei segnali che si nascondono dietro i brutti voti improvvisi a scuola, dietro le risposte aggressive e le continue richieste di soldi. Quel disagio alle volte si chiama dipendenza da droga. Soprattutto in particolari categorie di adolescenti. Perché spesso nella mente dei ragazzi "difficili" la droga diventa la personale via per affrontare i problemi. Sta di fatto che il legame tra patologie psichiatriche e uso continuato di sostanze stupefacenti (soprattutto cannabis) non è affatto isolato. Tanto che, stando agli ultimi dati diffusi dall'Ospedale Bambino Gesù, un terzo dei pazienti pediatrici con problemi mentali o disturbi del comportamento fa uso di droghe. Peccato che tra il primo spinello e la terapia passino in media sei anni; un'eternità se si vuol evitare i danni permanenti. Per questo è appena nato nel nosocomio romano, in collaborazione con il dipartimento per le politiche Antidroga della presidenza del Consiglio dei ministri, il progetto Edi (Early Detection and Intervention) per individuare precoce¬mente situazioni difficili o di familiari a rischio. Una rete di collaborazione - per ora interna all'ospedale con la speranza di poter esportare in futuro il modello terapeutico - di diverse figure medi¬che e assistenziali (pediatri, neurologi, psicologi, assistenti sociali) per indirizzare da subito lo sguardo clinico sulla dipendenza da droghe. Si inizia a farne uso sempre prima, anche a 11-12 anni. Per noia, per gioco, per sentirsi accettati dal gruppo di amici o per darsi un aiuto a superare qualche difficoltà adolescenziale, come la timidezza. I numeri più recenti parlano del 22% di ragazzi tra i 15 e i 18 anni che consumano sostanze stupefacenti; in pratica su 2,5 milioni di studenti delle scuole superiori, 500mila scelgono la cannabis, 60mila la cocaina e 30mila gli oppiacei. In più, l'abuso di sostanze stupefacenti - o altre cause comunque fortemente droga-correlate, come gli incidenti stradali - risulta al primo posto tra le cause di morte per la popolazione compresa tra i 14 e i 20 anni di età. La leggenda da sfatare è che «le droghe leggere non facciano male — spiega Federico Vigevano, a capo del dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell'Ospedale Bambino Gesù — come anche la convinzione, spesso diffusa persino tra i genitori, che uno spinello ogni tanto sia pressoché innocuo».
Le conseguenze dannose a lungo termine sul cervello sono invece evidenti: ben nove punti sul quoziente intellettivo da adulto, anche per i consumatori occasionali. A dimostrarlo uno studio condotto in Nuova Zelanda in cui è stato osservato il percorso di crescita di alcuni bambini fino all'età di 34 anni. «Anche chi ha fatto uso di droghe solo nel weekend - ricorda Vigevano - ha riportato una diminuzione del quoziente intellettivo di quasi dieci punti, problemi di memoria oltre che inferiori prestazioni sportive». Non c'è infatti, secondo il medico del Bambino Gesù, corretta informazione sui rischi e sulla pericolosità di sostanze come la marijuana. «Le droghe leggere oggi hanno dei contenuti di essenze psicoattive molto alte - continua il neurologo - anche fino a 55% rispetto al 5% del passato». In più, spesso, diventano la via maestra per l'uso di quelle pesanti. Un ulteriore problema da affrontare inoltre è la diagnosi tardiva, ecco perché un'alleanza tra genitori, scuola e medici di base o pediatri resta la migliore arma di prevenzione. «Comportamenti aggressivi del ragazzo, rendimento scolastico improvvisa¬mente scadente - suggerisce Vigevano - problemi respiratori, richiesta eccessiva di soldi sono fattori che debbono mettere in allarme gli adulti».
Il primo luogo in cui fermare il dilagare delle sostanze stupefacenti tra i giovani è proprio la rete, lo “spacciatore” più affidabile a cui un giovane si rivolge. In internet, difatti, si può comprare in pochi minuti una quantità incredibile di nuove sostanze psicoattive - il dipartimento politiche Antidroga ne ha individuate 300 negli ultimi anni - mascherate tra le mille sigle di integratori, concimi e sedativi nonché tra i farmaci generici acquistabili senza prescrizione medica. Dal 2011 sono state chiuse il 93% delle 500 pagine web che vendevano in realtà droga acquistabile in pochi click. Ed è da poco online, ricorda Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento nazionale politiche antidroga (Dpa), «Son, il software autoinstallante per genitori, in modo che possano controllare le pagine internet visualizzate dai figli». Il programma, difatti, si istalla senza lasciare traccia visibile agli utenti su computer, smartphone o tablet e impedisce l'accesso ai siti che vendono sostanze stupefacenti da parte dei minorenni. Ma oltre agli strumenti di contrasto, la questione è pure un'altra per Serpelloni. La legalizzazione delle droghe, anche della cannabis, dice, «porta all'aumento dei consumi e quindi degli incidenti stradali e sul lavoro, dei deficit cognitivi nei ragazzi e del calo del quoziente intellettivo della popolazione». E non c'è nemmeno l'illusione che rendere le droghe leggere "free" aiuterebbe a sconfiggere i traffici della criminalità organizzata, visto che «verrebbero intaccati se non il 20-25% dei loro profitti in questo settore». ♦
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