App incontri

L'amore arriva con una app

Per tantissimi giovani è ormai la normalità. Tra i 18 e i 30 anni, la metà delle relazioni nasce sui siti di incontri. Scelta da demonizzare? No, sostengono gli esperti ma serve prudenza. 

Sulla piazza virtuale sbocciano e si consolidano anche i fidanzamenti. Il racconto di chi ha trovato in rete un rapporto solido.

 

di Greta Dircetti

Riproduzione dal numero 405 di "Noi in famiglia" del 10/04/2022

 

App incontri

 

Marianna ha aperto un profilo su Tinder senza avere grandi aspettative, Alessio sull’app ha trovato la fidanzata, Paolo usa Facebook dating da quando ancora non si era trasferito in una grande città e Silvia lo ha fatto per allentare la tensione, lei che è timida e introversa. Che sia Tinder, Facebook dating, Meetic, Badoo, Grindr o Bumble, le app di incontri sono la quotidianità dei ragazzi, che dicono: «Basta demonizzarle, possono diventare un’opportunità». Ogni piattaforma è diversa. Lo slogan di Tinder è match, chat, date. Cioè: becca una compatibilità, conversa, incontra. Funziona con la posizione e si può chattare con l’altro solo se entrambi hanno inviato un cuore virtuale. Badoo è la più popolare a livello mondiale e ha una rete sociale multilingue con mezzo miliardo di utenti. Qui si condividono e votano foto e video. Su Bumble sono invece le donne a decidere se fare la prima mossa e avviare 'un match'. Come guardare a questi nuovi percorsi?

«La vita social è parte integrante dei ragazzi – spiega Tonino Cantelmi, psichiatra che studia la dipendenza dalla tecnologia ed è direttore del Centro don Guanella di Roma –. Anche i social servono per costruire la loro identità, sono parte integrante della loro esperienza e del loro vissuto. La componente erotico sessuale gioca un ruolo formidabile negli adolescenti e nei giovani adulti: è la principale forma di interazione sentimentale ». I ragazzi si inviano i sexyselfie. Non è sexting, ma sono foto ammiccanti che vengono caricate, per esempio, su Instagram. «Anche il sexting – osserva l’esperto – è molto diffuso, oltre la metà degli adolescenti e giovani adulti lo fanno. Dal loro punto di vista serve per rafforzare la relazione romantica». Secondo Cantel- mi «sono consapevoli dei rischi eppure lo usano, è una pratica usuale. Basti pensare che una relazione su due, dal 18 ai 30 anni, nasce attraverso una chat di incontri ». Durante il primo lockdown il fenomeno è esploso, segnando un più 300%, di app scaricate, soprattutto nei luoghi dove il virus circolava maggiormente: Lombardia, Piemonte, Veneto. E il ruolo degli adulti in tutto questo? «È importante che capiscano come interagire con i ragazzi senza giudicarli e soprattutto senza scimmiottarli». Perché «gli adulti – prosegue lo psichiatra – possono portare la loro parte di esperienze e di vissuto, senza schiacciare i ragazzi, né far calare degli ordini dall’alto». Cantelmi parla anche di un hashtag, #okboomer, che i più giovani usano per prendere in giro gli adulti quando questi cercano di imitarli. Di quarantenni che caricano video, fanno balletti e condividono foto che ricalcano quelle dei ragazzi, la realtà social ne è piena. «Questo però non facilità il rapporto genitore-figlio – prosegue Cantelmi –, perché i primi sono accusati dai secondi di non capirli e di usare strumenti che non sono nati e pensati per loro. I ragazzi si sentono derubati di qualcosa che gli appartiene».

Ma i diretti interessati cosa pensano delle piattaforme? Marianna A. viene da Bergamo e ha 25 anni. Si divide tra studio e lavoro e il primo lockdown lo ricorda bene: «Eravamo più che zona rossa, eravamo blindati.
Ho usato le app per noia e solitudine». Senza grandi aspettative ha scaricato Tinder e invece proprio qui ha trovato l’amore. «Di app ne avevo provate altre prima della pandemia, ma solo come passatempo: cercavo più che altro conversazioni interessanti, come protesti usare Instagram o YouTube». Anche Alessio Sambugaro, 28 anni, di Vicenza, ha iniziato a usare Tinder per gioco e per conoscere persone fuori dalla sua cerchia di amicizie, poi «dopo un paio di mesi ho conosciuto la mia attuale ragazza e ormai stiamo insieme da due anni ». Il suo giudizio è positivo: «É un modo per mischiare le carte e perché no, non escludo di tornare a usarla o usarne altre». Se c’è chi si è avvicinato da poco al mondo del dating online, Paolo dal Soglio, usa le app da sempre. Lui, 26 anni, lavora a Firenze, ma per molti anni ha abitato in un paese di provincia. «Volevo fare nuove conoscenze, non per forza una relazione o solo un’avventura». Silvia Asaro, 27 anni, era scettica all’inizio, invece ha avuto «esperienze positive e ogni persona» le ha lasciato qualcosa di bello. Aggiunge: «Ho avuto la relazione, per ora, più importante della mia vita» Lei viene da Pisa e ha usato le app perché «per una persona timida e introversa sono opportunità, un modo per allentare la tensione e prendere padronanza di sé stessi» e dice che «basta solo uscire dagli schemi e dai preconcetti». Social e nuove piattaforme restano comunque sorvegliati speciali, e nel caso degli adolescenti lo sono ancora di più. Laura Capantini, psicologa di Pisa, parla di «opportunità della tecnologia di ampliare le relazioni. Le app e i cellulari sono una protesi, un’aggiunta, qualcosa in più, però bisogna saperle usare». Soprattutto i genitori, raccomanda, «devono restare vigili perché la rete è una finestra potente sul mondo. Quindi è essenziale insegnare ai ragazzi ad avere un pensiero critico». L’esperta spiega come il social entri «nell’intimità delle relazioni. Questo è un messaggio difficile da distinguere per i ragazzi, perché vivono così la loro intimità, che alla fine in realtà non è più tale». Aggiunge la psicoterapeuta Cecilia Pirrone: «Serve un richiamo alla responsabilità degli adulti che va al di là dei social. Sono loro il nostro riferimento da quando nasciamo. Se un adulto fa un certo uso dei social, non sarà poi credibile agli occhi dei ragazzi». La soluzione è instaurare un dialogo onesto tra genitori e figli, non proibire il cellulare o il social perché «vuol dire isolare l’adolescente dai coetanei». Confrontarsi insieme quindi e imparare a usare questi strumenti perché «i genitori non sono nativi digitali, mentre i figli possono non essere consapevoli dei rischi ai quali si espongono».

Mondo virtuale e reale a volte non comunicano, ma gli strumenti per farlo ci sono. La pagina internet 'Generazioni connesse' del Ministero dell’Istruzione, ad esempio, offre corsi, tutorial e consigli a genitori e figli su come approcciare il web. La rete insomma non va demonizzata, ma nemmeno sottovalutata, la soluzione migliore è, come sempre, essere attenti e sviluppare uno spirito critico.