La paura dei giovani del futuro


IL VOCABOLARIO CHE CONTAGIA


Crisi. Recessione. Immoralità. Le parole sono il pericoloso strumento con cui sempre più spesso i media fanno da cassa di risonanza alla cultura della "morte". Che convince i giovani dell'assenza di ragioni valide per cui lottare o sognare. E li chiude alla vita nella quotidianità dell'impegno scolastico, familiare e sociale. Entusiasmarli ed essere testimoni di futuro significa cominciare a usare altri termini. Ecco quali


Riproduzione  parziale dal n. 159 di "Noi, genitori & figli" del 29/01/2012


di Viviana Daloiso


Scoraggiati. Depressi. E così, poco per volta, portati a pensare che non ci sia nulla per cui lottare, nulla per cui sperare, e forse addirittura nulla in cui credere. I giovani d'oggi vivono, prima che il dramma reale della "crisi" economica e valoriale, quello del suo fantasma. Messo in prima pagina, sbandierato in tv e quasi pro-grammato dallo stillicidio quotidiano di allarmi e invettive. Risultato, hanno paura. Arretrano. E finiscono per rifiutarla, la vita, in tutte le sue dimensioni: dall'impegno quotidiano per la scuola o per chi è in difficoltà, alla partecipazione in famiglia e in società fino alla costruzione di progetti per il futuro. «I giovani di oggi - si legge nel Messaggio per la Giornata per la vita - sono spesso in balia di strumenti (creati e ma-novrati da adulti) che tendono a soffocare l'impegno nella realtà e la dedizione all'esistenza. Eppure quegli stessi strumenti possono essere usati proficuamente per testimoniare una cultura della vita». Primo fra tutti, la parola. Quanto si parla, di 'morte". Morte dei sogni, morte delle relazioni, morte dei valori. Ma quali sono, invece, le parole della vita? Quali potrebbero essere gli input da dare, ai giovani, per ricominciare a credere nel domani e a lottare, ogni giorno, per costruirlo? Il pedagogista Ezio Aceti ne ha cinque.


1 VOLARE ALTO Gli adolescenti devono crederci: volare alto si può. «E non mi riferisco - spiega subito Aceti - a quei sogni irraggiungibili che sfociano nella megalomania e che spesso appartengono ai nostri ragazzi. Quando dico a un giovane che deve volare alto voglio assecondare il suo modo (naturale, per la sua età) di ragionare per assoluti, e in astratto, sulle cose reali. E necessario che io lo spinga a farlo, perché quello sguardo utopico alla realtà è anche il suo progetto per la realtà. Se vola alto, arriverà a realizzare quel progetto. E se non lo realizzerà del tutto, ne uscirà comunque migliorato, fiducioso nelle proprie capacità». Spingere i giovani a volare alto, in un mondo in cui tutto e tutti ripetono di navigare a vista: questa è la prima sfida e il primo dovere di ogni genitore, educatore, politico.


2 RICOMINCIARE SEMPRE «Vale di più chi sbaglia mille volte, e si rialza, di chi è perfetto e la prima volta che cade non è capace di rimettersi in piedi». Per Ezio Aceti il motto di ogni giovane dovrebbe essere questo. Perché la vita è anche errore, «anzi, lo è quasi continuamente. Si prendono male le misure, si casca in qualche tranello e imprevisto, e non sempre queste cose dipendono solo da noi. Ma bisogna sapersi rialzare. Bisogna saper metabolizzare i colpi e farne tesoro». Senza giovani consci delle proprie debolezze, segnati dal sacrificio e persino dalla sofferenza, eppure capaci di continuare a sperare e costruire, non c'è cultura della vita.


3 COERENZA E il grande pilastro dell'educazione e il "talento" senza cui i giovani non possono nulla: fare quello che si dice. «E fare, dire, quello che si pensa, quello che viene da dentro, quello che ci contraddistingue», spiega Aceti. I giovani "aperti" alla vita sono giovani veri. Non mentono, non si nascondono  dietro  giustificazioni,  «non hanno un volto per la loro vita pubblica e uno per la privata, come troppo spesso viene loro insegnato e fatto passare dagli adulti». La vita non si sdoppia, non si finge. Mai.


4 AMORE L'amore si educa. È sempre possibile, l'amore. E l'amore è la molla che apre alla vita, che porta i giovani ad accoglierla, a difenderla. «Ma l'amore, di questi tempi, non passa, non si vede», rileva Aceti. Il ritratto di egoismo e individualismo della nostra società offerto dai media li porta a credere che sia estinto, superato. «E questo quando i nostri ragazzi sono un concentrato di energie e emozioni pronte a esplodere in amore, che poi significa amore verso se stessi (e quindi autostima, coraggio, quella capacità di volare alto di cui dicevamo) e amore verso gli altri».


5 CUORE La parola sembra indulgere al romanticismo. «In realtà quando parlo di "cuore" ai ragazzi mi riferisco a qualcosa di molto pragmatico e cioè alla centralità della loro persona. Il cuore è il luogo dove capitano le cose più importanti, la riserva da cui attingere forza, il libro su cui sono iscritti i cromosomi che ci rendono quello che siamo - continua Aceti -. Va detto, e ripetuto, ai giovani che devono avere cuore, che devono guardarsi dentro se vogliono diventare buoni adulti. Mi spingo oltre, a volte, e spiego loro che il cuore è anche il posto dove parla Dio. E lì che lo possono incontrare, forse ancor prima che nelle chiese. Perché anche Dio è una cosa concreta, che deve entrare a far parte della loro vita nei fatti, nelle cose». ♦